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Cronaca

Intensificazione dei controlli antidroga da parte della Polizia

Sette persone finite in manette, sequestrate alcune pasticche di “yaba”, numerose dosi di hashish, cocaina e marijuana; questo è il bilancio dei servizi antidroga messi in atto nella giornata di ieri dagli agenti della Polizia di Stato.
I primi tre arresti sono stati effettuati nella zona est della capitale. Il primo in via San Biagio Platani dove gli investigatori del commissariato Casilino  Nuovo hanno arrestato C.D. 19enne italiano trovato in possesso di 50 grammi di hashish e numerose banconote di vario taglio. Il secondo invece, in via Giacinto Camassei dove gli agenti del reparto volanti hanno fermato per un controllo G.T.R. 43 enne romano trovato con indosso 12 dosi di cocaina. L’ultimo invece R.A. 54enne di origini napoletane che, sottoposto agli arresti domiciliari continuava la sua attività di spaccio da casa. Diversi i servizi di appostamento da parte dei poliziotti di Casilino presso l’abitazione in via Nocere Terinese, dove hanno potuto constatare l’andirivieni di diversi “clienti” e la presenza fissa di due giovani all’altezza dell’ingresso della palazzina con la funzione di “vedette” – poi una distrazione che ha permesso agli agenti di entrare nel portone, salire al 4 piano ed entrare in casa, dove la porta era aperta. Una volta dentro, gli investigatori hanno rinvenuto, dentro diversi sacchetti in cellophane diverse dosi di cocaina, già pronte per essere vendute, denaro contante , un bilancino di precisione.
E ancora in via Labico gli agenti del commissariato Torpignattara hanno proceduto al controllo di un cittadino del Bangladesh, M.Z.K. di 43 anni, trovato in possesso di venti pasticche di “yaba”. Arrestato per detenzione ai fini di spaccio di stupefacente per lui si sono aperte le porte del carcere.
W.J 20enne tunisino, è stato fermato per un controllo dagli agenti del reparto volanti in via degli Olivi, indosso aveva nascosti 25 grammi di cocaina, arrestato dovrà rispondere del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.
Gli ultimi due a cadere nella rete della Polizia sono stranieri: S.A. del Mali di 26 anni e K.K. guineano di 20 anni. I due durante un servizio straordinario finalizzato al contrasto dello spaccio di stupefacenti, sono stati controllati all’interno del parco di Colle Oppio. Indosso avevano circa 55 grammi di marijuana e 112 grammi di hashish. Anche loro dovranno rispondere di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti.   
 

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Cronaca

Roma, tribunale boccia ricorso Acea: stop ai prelievi dal lago di Bracciano

(Fonte: www.repubblica.it)
Il Tribunale superiore delle Acque pubbliche ha respinto l'istanza, presentata da Acea, di sospensione cautelare della decisione della Regione Lazio di bloccare i prelievi delle acque del Lago di Bracciano. Il ricorso di Acea, presentato a fine febbraio, era stato appoggiato lo scorso marzo anche dal Campidoglio con un 'atto di intervento' firmato dalla sindaca Raggi. Dopo la crisi idrica dell'estate 2017, e dopo che Acea a settembre aveva sospeso i prelievi dal bacino di Bracciano, il 29 dicembre scorso la Regione con una sua determina aveva fissato una quota minima del lago (161,5 metri), subordinando qualsiasi ripresa dei prelievi a una condizione d'emergenza, e rendendoli oltremodo possibili soltanto dietro specifica autorizzazione scritta della Regione.
Di fronte a solo 196,4 mm di pioggia che sono caduti nel lago l'estate scorsa, Acea è arrivata a captare dal Bracciano fino a 2.600 litri al secondo, facendo crollare il livello del bacino fino a -198 cm dallo zero idrometrico (dato 29/11/2017) mettendo gravemente a rischio un ecosistema che, secondo il Cnr, ha una soglia massima di tolleranza di 150 cm. Una situazione di emergenza quindi che ha spinto la Regione Lazio a imporre, tramite decreto, il giusto blocco della captazione per tutelare il bacino oggetto del monitoraggio (Goletta dei Laghi) e per il quale è arrivata questa mattina la bocciatura definitiva del tribunale delle acque.
"Una vittoria dei cittadini e dell'ambiente dell'idea del valore dell'acqua pubblica", ha scritto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, su Facebook. "Ora bisogna continuare a cambiare tutto con investimenti per un nuovo modello sostenibile sulla rete e la qualità dell'acqua. Questa è la via giusta".
Estremamente soddisfatto anche Mauro Alessandri, assessore ai Lavori Pubblici e Tutela del Territorio, Mobilità della Regione Lazio: "Questa sentenza conferma la correttezza amministrativa degli atti regionali e delle posizioni istituzionali assunte in occasione della grave crisi che ha colpito il lago di Bracciano e il sistema ambientale nella scorsa estate".
 

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Politica

Manzella: Lazio secondo in Italia per numero di startup

«Se la Regione Lazio è oggi la seconda in Italia per numero di startup lo si deve anche alla politica regionale che da anni investe su questo settore. Lo abbiamo fatto perché parlare di startup significa innestare cambiamento nella nostra economia e nella nostra società; significa insegnare ai nostri ragazzi i valori d’impresa sin dalla scuola; significa università con un approccio più imprenditoriale; significa far dialogare grande impresa e innovazione delle nostre piccole imprese; significa aprire l’amministrazione a una nuova mentalità, a nuovi servizi, a nuove tecnologie. Questo e altro significa, per un’amministrazione, “investire in startup”. Oltre a importanti risorse finanziarie (come i bandi per il venture capital di 20 mln presentati l’altroieri) o esenzioni fiscali, (come quella sull’Irap per 1,5 milioni) c’è, insomma, un’azione amministrativa profonda, di lunga lena, fatta con convinzione. Ed è per questo che i risultati ottenuti sono importanti. Perché dicono che la strada è giusta e che la dobbiamo continuare a percorrere”. Così Gian Paolo Manzella, assessore regionale allo Sviluppo Economico, oggi in occasione della presentazione della ricerca di Federlazio “Il Mercato delle Start up».

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Cronaca

Roma, dall’Atac in crisi premi agli autisti per fare più corse

(fonte: la Repubblica, di Cecilia Gentile) – "Più corse fai, più soldi ricevi" . Questo in sostanza il senso dell'accordo " storico", secondo la definizione di Atac, siglato tra l'azienda capitolina dei trasporti e da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl autoferrotranvieri e Faisa Confail. Il guaio è che i mezzi sono scassati e non camminano. Potrà il premio di produttività realizzare il miracolo di farli marciare di nuovo?

"Questa è una presa in giro: Atac non ha i soldi per la manutenzione delle vetture ed elargisce premi ad autisti e operai? – attacca Claudio De Francesco, segretario generale Mobilità per Faisa Sicel – La verità è che vogliono spingere gli autisti a uscire in strada anche con vetture non perfettamente funzionanti, ad esempio con gli impianti di aria condizionata guasti". "Il premio è fondato su un budget chilometrico tarato sulla vetustà dei mezzi e sul rapporto mezzi personale dei singoli depositi", risponde Daniele Fuligni, che per Filt Cgil ha firmato l'accordo.

I premi scattano quando, nel trimestre luglio-settembre, la singola rimessa raggiunge un determinato valore di produzione: per Tor Sapienza 2.984.006 km, per Portonaccio 2.401.990, Tor Vergata 2.521.882, Tor Pagnotta 2.964.926, Acilia 1.410.362, Magliana 2.724.386, Grottarossa 4.358.243. Per la rimessa di Porta Maggiore, dove il periodo di tempo è dilatato fino a novembre per i lavori sui binari, la soglia da superare è di 1.133.990 km.

L'accordo prevede anche una gradualità dei premi a seconda dei giorni di presenza e di guida effettiva del lavoratore, tenuto conto delle ferie programmate: 350 euro in busta paga entro novembre in caso di zero assenze e zero mancata guida effettiva, 230 euro con 2 giorni di assenza o mancata guida effettiva, 170 euro con 5 giorni di assenza o mancata guida effettiva. Saranno inoltre premiati con una ulteriore somma gli autisti e operai delle rimesse che raggiungeranno livelli di produzione superiori al 102% del valore indicato.

E se per far marciare i mezzi Atac ricorre al premio di produttività, il Campidoglio rilancia la cura del ferro, chiusura dell'anello ferroviario e nodo del Pigneto in primis, siglando un accordo di programma con Rfi, Rete ferroviaria italiana, e Fssu, Ferrovie dello Stato sistemi urbani, "È un protocollo che coniuga mobilità e urbanistica " , dichiara la sindaca Virginia Raggi. "Abbiamo rimesso in ordine tante iniziative intraprese negli anni e per varie ragioni mai portate a termine", chiarisce Maurizio Gentile, ad di Rfi. Le opere elencate nell'accordo sono tante, ma per molte i tempi rimangono incerti, così come i finanziamenti.

Per la chiusura dell'anello ferroviario da Vigna Clara all'innesto sulla Roma Firenze il costo stimato è di 570 milioni interamente finanziati da Rfi, grazie all'accordo di programma con il Mit, manca però il cronoprogramma degli interventi. Tra le opere già iniziate c'è anche il completamento del nodo Pigneto, dove le ferrovie regionali incroceranno la metro C. Il Comune ha ceduto un parcheggio sulla Tiburtina a Rfi per un controvalore di 12 milioni che, integrato ai fondi già impegnati dalla controllata di Fs, permetterà di tombare completamente il vallo ferroviario che separa la Prenestina dalla Casilina. L'assessore regionale ai Lavori pubblici Mauro Alessandri ci tiene a chiarire che "l'investimento per la chiusura dell'anello è previsto all'interno dell'accordo di programma da 2,7 miliardi sulla rete ferroviaria del Lazio sottoscritto tra Regione e Rfi all'inizio del 2018, mentre per il nodo del Pigneto la Regione ha erogato 24 milioni".

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Cronaca

Romanina: notificate 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere per tentato omicidio e rapina

Ieri mattina, gli agenti della Polizia di Stato del commissariato Romanina, diretto da Laura  Petroni, così come disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, hanno dato esecuzione a 3  ordinanze di applicazione di misure cautelari personali per le ipotesi di reato di tentato omicidio e rapinain concorso, a carico di: C. F. detto “Massimo” del 1976, con precedenti di polizia per delitti contro il patrimonio e la persona;  C. G. detto “Pippo” del 1999, con precedenti di polizia per delitti contro il patrimonio, figlio di C. F.  ed un bosniaco R.S. del 1987, con precedenti di polizia per delitti contro la persona ed il patrimonio.

L’attività investigativa ha avuto inizio a seguito di una violenta aggressione avvenuta nel novembre 2017 in via Fratelli Marchetti Longhi nei confronti di un cittadino nigeriano che, dopo essere stato rapinato dei propri effetti personali e colpito al torace con numerosi fendenti, veniva trasportato, in codice rosso, al Policlinico “Casilino” e ricoverato in prognosi riservata.

Nonostante la gravità delle ferite, la vittima riusciva a raccontare ai poliziotti la dinamica di quanto accaduto: nella tarda mattinata del 24 novembre u.s. aveva visto C. F. e suo figlio C.G. insieme a R. S., intenti ad impossessarsi di effetti personali e capi di abbigliamento (40 paia di scarpe) che poi venivano venduti nei mercatini rionali, prelevandoli da un furgone adibito a “magazzino”, parcheggiato all’interno del cortile dell’abitazione di via Fratelli Marchetti Longhi. A quel punto la vittima, dopo aver sfilato le chiavi del mezzo per  impedirgli di allontanarsi, chiedeva spiegazioni su tale attività ma per tutta risposta, veniva prima percosso da C. G. che cercava di riprendersi le chiavi del mezzo e poi colpito con fendenti da C.F., presumibilmente con un cacciavite.

Le successive indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma – Gruppo reati contro il patrimonio, consentivano agli investigatori di ricostruire dettagliatamente l’intera vicenda attraverso le dichiarazioni della vittima e dei testimoni, dalle quali emergeva una chiara condotta criminale, continuata nel tempo, soprattutto da parte di C.F. e da suo figlio C.G..

Dalle testimonianze inoltre, emergeva un clima di forte tensione tra gli “inquilini” (10 famiglie) dei monolocali di proprietà di una famiglia appartenente a noto clan criminale, costruiti all’interno del cortile sito in via F. Marchetti Longhi ed  i predetti proprietari, in quanto la volontà dei primi ad avere un regolare contratto d’affitto, si scontrava con quella dei secondi che, operando in spregio a tutte le normative, quando veniva richiesto loro di formalizzare il contratto di locazione con regolare atto scritto, facevano valere, ogni qual volta ce ne fosse stato bisogno, la forza del gruppo.

In un’occasione, il C.F. cambiava arbitrariamente la serratura di un immobile affittato, sottraendo, con la violenza, effetti personali (televisori, vestiti, scarpe, piccoli oggetti in oro) a titolo di “risarcimento” per asseriti mancati introiti d’affitto arbitrariamente aumentato, giungendo persino, in un’altra occasione, a togliere gli infissi (porta e finestre) ad un monolocale per renderlo inutilizzabile.

Al termine delle operazioni di rito,  C. G. e R. S. venivano associati presso il carcere “Regina Coeli” mentre a carico di C. F., il provvedimento restrittivo gli veniva notificato presso il medesimo Istituto Penitenziario, dove si trova ristretto per medesimi gravi reati.

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Politica

Processo Raggi, l’ex assessore Meloni smentisce la sindaca: decideva Marra

(Fonte: Corriere della Sera, di Andrea Arzilli e Fulvio Fiano) – Precipitati da un giorno all’altro da Milano a Roma, dal management privato all’amministrazione pubblica, dalle scelte aziendali agli equilibri politici, Adriano Meloni e il suo staff si affidarono a Raffaele Marra per decidere quale dirigente fosse più adatto all’assessorato Turismo. Il risultato? «Le nostre priorità erano tre: tenere Silvana Sari, trasferire ad altri uffici Michele Luciano e prendere con noi Renato Marra, quest’ultimo su suggerimento del fratello. Alla fine la Sari andò via, Luciano restò e Marra venne preso solo per poi essere rimosso».

È la terza udienza del processo che vede Virginia Raggi (a ottobre la sua audizione, a novembre la sentenza) imputata di falso per la nomina di Renato Marra. «MiniMarra», come veniva chiamato in chat. In aula compaiono Meloni, il suo capo staff Leonardo Costanzo, il delegato della sindaca alle relazioni sindacali Antonio De Santis. Le loro ricostruzioni sul ruolo di Raffaele Marra, che la sindaca nega, sono univoche. A partire proprio da quegli incontri per definire le priorità di ogni assessorato. «Non conoscevamo nessun dirigente – dice Costanzo -. Lui ci propose il fratello, col quale avevamo lavorato per qualche blitz antiabusivi. Non aveva il curriculum adatto ma pensammo che le sue innegabili capacità potevano essere utili». Raffaele Marra si dà da fare: «In Sala delle bandiere si svolse un incontro sulle nomine con gli assessori e consiglieri di maggioranza. C’era anche Raffaele Marra e la sindaca mi pare sia passata», ricorda Meloni.

Il pm Francesco Dall’Olio chiede se si trattò di un suggerimento o di pressioni di quello che all’epoca era il responsabile delle Risorse umane. «No, ce lo disse scherzando – risponde De Santis – “Renato potrebbe fare il capo della municipale, ma ci sarebbero polemiche. Da voi è il ruolo giusto, chiamatelo per dargli la bella notizia”». Così fece Meloni, rispettando anche l’orario indicatogli, salvo scoprire che nel brogliaccio preparato da Raffaele, la bozza di tutte le caselle con le nomine da incastrare, non c’era cenno all’aumento di stipendio di cui avrebbe beneficiato Renato. «Col senno di poi siamo stati forse un po’ ingenui – dice ancora De Santis -. La scoperta dell’aumento fece imbestialire anche la sindaca, così richiamai Raffaele Marra ma lui mi assicurò che la sindaca era informata. Raggi era contraria alla nomina ma escludo che potesse desumere l’aumento di stipendio dal ruolo che Renato Marra andava a ricoprire, perché come noi si era appena insediata e non conosceva la materia». 

La pubblica accusa prova ad andare oltre: «Come reagiste quando non vi accontentarono sui nomi e anche Renato Marra venne rimosso?». «Ne parlammo con la sindaca – risponde Meloni – esprimendo la nostra delusione. Ma poi ci siamo attenuti alle gerarchie». L’assessore pare esitante, cerca lo sguardo della sindaca in aula. Il pm lo redarguisce scherzoso: «Lei come teste è un disastro». Poi affonda il colpo: «Se Renato Marra non venne mai sostituito, forse non era così imprescindibile». «Credo di no», conviene Meloni. Ammissione che completa quelle sconfortate di chi l’ha preceduto: «In questa vicenda ci siamo sentiti soggetti passivi, con un senso di spaesamento» (De Santis). «La competenza non è mai presa in considerazione nell’interpello del Campidoglio. Si fanno le rotazioni delle cariche nei diversi settori senza competenze specifiche» (Costanzo). Su quell’interpello pende il ricorso al Tar della Dircom, sindacato dei manager capitolini, presentato su input della ex dirigente Silvana Sari. «Non si è svolto secondo parametri di trasparenza – Sari in commissione il 26 marzo 2018 -. La procedura era sulla base di valutazioni comparative che non ci sono state». Se il Tar accettasse il ricorso, l’interpello sarebbe da rifare. 

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Camping River, la Corte Europea ferma lo sgombero. Oggi il vertice Raggi-Salvini al Viminale

(Fonte: Corriere della Sera, di Maria Egizia Fiaschetti) – Sul camping River interviene Strasburgo. La Corte europea dei diritti dell’uomo accoglie il ricorso presentato da tre abitanti e chiede al governo italiano di sospendere fino al 27 luglio le espulsioni (evictions) programmate: per allora è attesa la risposta di Palazzo Chigi sulle soluzioni alternative al campo.

Sarà il Comune, che finora ha gestito l’iter, a produrre la documentazione richiesta entro le 12 di oggi. Ieri scadevano le 48 ore, notificate alle famiglie dall’ordinanza della sindaca, per lasciare l’insediamento sulla Tiberina, ma lo sgombero è slittato: secondo il Campidoglio, per l’aumento di adesioni alle proposte di integrazione, ovvero «la terza via» della giunta M5S. Versione in contrasto con quella dell’associazione «21 luglio», attiva all’interno del campo: «Nei tre casi che abbiamo segnalato alla Corte di Strasburgo, ma non sono gli unici, il Comune non ha offerto alcuna alternativa – insiste il presidente della onlus, Carlo Stasolla – . Ci siamo rivolti all’Europa perché era l’unica strada percorribile in tempi così stretti». Più tardi, mentre consegna alla segreteria di Palazzo Senatorio le 630 firme raccolte tra i cittadini romani contrari allo sgombero, Stasolla picchia duro: «All’incontro di domani (oggi, ndr) con Salvini Raggi voleva portare lo scalpo del camping River, invece si presenterà con una grave sconfitta politica».

Dal Comune ostentano serenità e controbattono: «A tutti è stato proposto di accedere alle misure di inclusione, a chi si è rifiutato di entrare nel circuito di accoglienza dei servizi sociali: stiamo anche offrendo posti che non dividono le famiglie». Affermazioni documentabili attraverso i verbali dei colloqui, le registrazioni e i filmati. Se l’Europa si è mossa, però, avrà avuto le sue ragioni. «Stiamo raccogliendo una mole di materiale che testimonia la correttezza del nostro operato – ribadiscono dal dipartimento Politiche sociali – . Lì si sta creando un’emergenza igienico-sanitaria: quella, sì, sarebbe una grave violazione dei diritti umani».

Nel frattempo, dopo la bordata del vice premier sul «casino dei campi rom a Roma», Raggi in vista del colloquio al Viminale (i due dovrebbero incontrarsi all’ora di pranzo)si allinea: «Condivido l’analisi di Salvini. I campi rom sono un caos dal 2008, da quando sostanzialmente esistono in maniera ufficiale, e drenano 25 milioni di euro l’anno. Il nostro obiettivo è chiuderli favorendo l’integrazione. Quindi, diritti e doveri». Se non fosse che il segretario federale della Lega lancia un’altra frecciata, stavolta ai giudici di Strasburgo: «Ci mancava il buonismo della Corte europea per i diritti dei rom», è il tweet polemico che la prima cittadina non raccoglie. Al tavolo con il ministro dell’Interno la sindaca non si soffermerà soltanto sul problema dei campi nomadi: «Uno dei primi temi che affronterò è quello della carta di identità elettronica, che di fatto è gestita dal ministero, le cui procedure però si svolgono all’interno dell’Anagrafe del Comune: ci sono problemi di dialogo tra software e questo sta creando parecchie file». Si parlerà anche di migranti «fantasma» e roghi tossici, argomento che offre a Raggi l’assist per rilanciare: «Sono ormai due anni che chiedo al governo di darci supporto e continuerò a chiedere il superamento dei limiti alle assunzioni per la polizia locale, che è in gravissimo sotto organico». Dopo il rapporto conflittuale con il precedente esecutivo a guida Pd, adesso la sindaca confida di trovare sponda nell’interlocutore leghista alleato dei Cinque stelle a Palazzo Chigi. E mentre infuria il dibattito sul camping River, la Comunità di Sant’Egidio denuncia lo sgombero di otto famiglie dall’ex Fiera di Roma (tra loro 20 minori, due disabili e quattro donne incinte). Replicano dal Comune: «La Sala operativa sociale ha proposto assistenza a tutti i nuclei familiari, ma le proposte sono state tutte rifiutate».

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Cronaca

Roma, via Colli della Farnesina chiusa dal Comune e aperta dai residenti

(Fonte: Corriere della Sera, di Claudio Rinaldi) – Nella città dove bastano tre ore di pioggia intensa per mandare in tilt la circolazione, succede anche che una strada venga chiusa a tempo indeterminato nonostante le proteste degli abitanti del quartiere. La causa è banale: la potatura degli alberi. È normale infatti che il verde venga curato, asportando i rami ingombranti. Anzi, è quello che chiedono i romani per evitare che querce, platani e pini diventino ostacoli pericolosi e inaspettati. Decisamente meno normale è però scoprire che quella strada chiusa il 30 giugno dopo più di venti giorni sia ancora abbandonata a se stessa, sbarrata con un bel cartello che ne indica il divieto di transito. Se poi si considera che non stiamo parlando di un’arteria secondaria insignificante, bensì di via dei Colli della Farnesina, snodo importante che da via della Camilluccia porta a via del Foro Italico offrendo dunque un’alternativa al traffico di ponte Milvio e di via Cassia, la faccenda si fa ancor più seria.

Ma non è finita qui. La strada è sì formalmente chiusa perché invasa dai rami tagliati che la restringono a una sola carreggiata, ma è di fatto aperta. Qualcuno infatti stanco di aspettare che gli alberi vengano rimossi, invece di allungare di alcuni chilometri il suo ritorno a casa ha pensato bene di spostare le barriere. Risultato: via dei Colli della Farnesina è chiusa, ma aperta. Le transenne ci sono, ma di lato. Una corsia è invasa dai rami lasciati sull’asfalto e l’altra dalle macchine e dai motorini che si incrociano nei due sensi di marcia, accentuando così solo il pericolo di incidenti. E i vigili? «Passano due o tre volte al giorno», commenta il portiere del condominio al civico 144. «Vengono, si fermano, rimettono a posto le barriere e vanno via. Dopo mezz’ora però la situazione torna come prima: qualcuno si infastidisce, scende dalla macchina, sposta le transenne lasciando libero il passaggio. E piano piano la circolazione riprende come se la strada fosse regolarmente aperta». In effetti nessuno tra automobilisti, tassisti e motociclisti si preoccupa del divieto. Tutti rallentano, aspettano che la strettoia d’ingresso sia libera e attraversano la via per entrare nei complessi residenziali o per raggiungere la zona nord della città.

Dario è un avvocato, ha uno scooter e abita in via Cortina d’Ampezzo. È consapevole di commettere un’infrazione, ma si giustifica così: «Sono passati più di venti giorni. Abbiamo aspettato, ma nessuno si è preoccupato di risolvere il problema. E allora meglio fare da soli». «Sì è vero, il pericolo c’è – commenta una signora dalla sua auto -. Chi passa da qui sa però che deve ridurre la velocità. D’altronde se il Comune non ci aiuta, ci aiutiamo da soli». Non ci sono solo cittadini stufi di aspettare, ignorano indisturbati i cartelli persino le camionette dell’Ama e gli autobus «fuori servizio» dell’Atac. Non il 188 però, la linea circolare devia il suo percorso e dal capolinea in largo Diaz attraversa via Cassia, piazza dei Giuochi Delfici e via Nemea. «Per arrivare alla fermata più vicina – si lamenta il signor Massimo, 76 anni – ora devo fare quasi un chilometro. Le sembra giusto? E solo perché nessuno si è degnato di completare il lavoro. Fanno bene i cittadini che da soli hanno riaperto la strada, ormai possiamo contare solo su noi stessi».

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Punto Donna, Marino: Roma è sicura e i reati sono in decrescita

Paola Guerci, nella sua rubrica “Punto Donna”,  parla di sicurezza. Oggi, infatti, si è espresso il questore di Roma Guido Marino, dedicando ampio spazio proprio sulla sicurezza e sulla sua percezione della sicurezza. Marino ha sentito l’esigenza di sottolineare il trend negativo dei dati sui reati perpetrati e, allo stesso tempo, l’ampiezza del fenomeno di percezione d'insicurezza dei cittadini romani: uno su tre, per l’appunto, non si sente sicuro nel proprio quartiere. Il questore ha evidenziato che Roma è una città sicura e che il tema della percezione è contrassegnato da una forte dose di retorica e di scarsa informazione. Secondo Guido Marino è necessario evitare l’allarmismo mediatico, che è ciò che trasmette insicurezza. D’altro canto, "nei grandi eventi che la Capitale ha ospitato, non c’è mai stato alcun problema né scontro. E questo perché la Polizia di Stato è affidabile e composta di professionisti".

Il questore si esprime anche sull’arrivo in dotazione dei teaser: “L’ntroduzione, l’uso e i limiti dello strumento sono sottopostoi alla disciplina e alle direttive che riguarderanno la questura di Roma come tutti gli uffici della Polizia. In dotazione alla Polizia ci sono poi altri strumenti collaudati come, per esempio, lo spray al peperoncino.

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Ostia Antica, in fiamme il ristorante “Al contadino”. “Si valuta l’ipotesi attentato”

(Fonte: la Repubblica, di Federica Angeli) – Poco dopo la mezzanotte un incendio doloso ha distrutto il ristorante Al Contadino in Via della Macchiarella 128 a Ostia Antica. Il locale sottratto a coloro che sono stati indicati dall'operazione Alba Nuova come i prestanome del clan Fasciani, la famiglia Ciolli, è gestito da due anni dagli stessi amministratori giudiziari che gestiscono lo stabilimento Village e tutti i beni sottratti al clan di don Carmine.

Lo scorso giugno Al Contadino è passato dal sequestro alla confisca, come tutti i beni dei Fasciani su disposizione del presidente del tribunale per i beni confiscati Gugliemo Muntoni. Il rogo del locale arriva a tre giorni dall'aperitivo della Legalità organizzato dall'associazione Antimafia Noi proprio in quello che è stato lo stabilimento a loro sottratto. E arriva anche dopo una serie di angherie e dispetti durati mesi.

I Ciolli mandati via dal Contadino hanno aperto un ristorante a pochi metri da quello e sulla loro pagina Facebook, ancora intestata al vecchio locale, hanno scritto il 4 luglio un post in cui, parafrasando i nomi dei due amministratori giudiziari, Angelo Oliva e Francesca Bastiani, accusano loro di andare a braccetto con l'illegalità. Diverse autobotti dei vigili sono ancora al lavoro per domare le fiamme. Sull'episodio indaga la procura di Roma.

L’Associazione Antimafia NOI esprime totale solidarietà agli amministratori e ai dipendenti del ristorante, per quella che sembra essere, a tutti gli effetti, un’azione intimidatoria. “A tre giorni dall’Aperitivo per la legalità, un atto inqualificabile che ha colpito gli amici che, insieme a NOI, stanno lavorando per riportare la legalità nel X Municipio”, ha commentato Massimiliano Vender, presidente dell’Associazione, il quale prosegue sottolineando che “noi non abbiamo paura e continueremo a impegnarci per impedire che simili avvenimenti possano minare il cammino che abbiamo iniziato e che proseguirà con rinnovato vigore. Voi volete distruggere il presente, NOI vogliamo costruire il futuro. Lanceremo un appello a tutti i nostri iscritti per ricostruire insieme il locale andato in fiamme”.