(Fonte: www.repubblica.it)
(di Lorenzo D'Albergo) – Questa volta la mossa vincente è di Manlio Cerroni. Il “re della monnezza” ha atteso con pazienza la pronuncia del Tar del Lazio e alla fine, dopo un processo andato avanti per quasi 15 anni, ha avuto ragione. Scacco matto, almeno per quanto riguarda il periodo compreso tra il dicembre 2002 e il marzo. Lo scorso venerdì la Regione è stata condannata dalla magistratura amministrativa a versare 37 milioni di euro alla E.Giovi, una delle aziende che fanno capo al magnate dei rifiuti capitolini.
La partita sul conferimento dei rifiuti nell’ormai ex discarica di Malagrotta riguarda il triennio 2002-2005, coinvolge anche Ama e va dunque avanti da tre lustri. È infatti il 2002 quando Cerroni, oggi sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, bussa alle porte della Pisana. Presenta un documento con l’elenco dei costi da sostenere per tenere aperto il maxi-impianto. L’atto, come previsto dalla normativa nazionale ed europea, è certificato da una società di revisione terza. È la Regione a questo punto a dover rispondere con un’ulteriore istruttoria per determinare il prezzo di conferimento della spazzatura. Il 12 dicembre 2002, dopo settimane di verifiche, viene fissato il prezzo: 34,36 euro a tonnellata.
Il problema, come sottolineato anche dal Tar, è però nell’etichetta: per gli uffici regionali, quei 34 euro sono la cifra «massima » da versare ai gestori di Malagrotta. La discrezionalità quindi è piena. Ama coglie la palla al balzo e propone una forte decurtazione. «Così la municipalizzata dei rifiuti – spiega ora il presidente delle aziende di Cerroni, l’avvocato Candido Saioni – si è fatta lo sconto: nel 2002 pagava 24,32 euro, poi la cifra si è aggiornata fino ai 26,67 euro del 2005. La E.Giovi ha accolto con riserva il prezzo e presentato contemporaneamente ricorso che alla fine abbiamo vinto. La differenza? Si tratta di 37 milioni compresi interessi ».
Per quantificare il risarcimento pro Cerroni, le toghe di via Flaminia hanno assunto come consulente il direttore dell’ispettorato della Ragioneria generale dello Stato. «Il soggetto verificatore ha depositato un’articolata relazione – si legge nella sentenza della prima sezione ter – corredata di copiosa documentazione». Carte che danno ragione alla E.Giovi, torto alla Regione e aprono scenari potenzialmente disastrosi pure per la giunta Raggi.
Da una parte, l’appello al Consiglio di Stato della Regione è dato per scontato dagli stessi manager dell’azienda che, fino alla chiusura, settembre 2013, ha gestito la discarica Malagrotta. Dall’altra, c’è la posizione di Ama. Nel braccio di ferro tra Cerroni e Pisana è intervenuta spontaneamente, opponendosi alle richieste dell’imprenditore. Una strategia difensiva che guarda al lungo periodo. Pur non essendo stata condannata dal Tar del Lazio, la municipalizzata dell’ambiente del Campidoglio (da «600 milioni di euro di debiti», come certificato dalla sindaca Raggi) potrebbe essere tirata dentro alla contesa se anche Palazzo Spada darà ragione alla E.Giovi. Dopotutto è l’azienda di via Calderon de la Barca ad aver ottenuto i benefici maggiori dal caos tariffario. Una questione che la Regione a guida Pd terrà bene a mente in caso di condanna definitiva.