(Fonte: www.ilmessaggero.it)
(di Raffaele Nappi) – «Ragazzi, grazie di cuore. Per due ore ci è sembrato di essere liberi e di giocare nel parchetto sotto casa». Quando si sono ritrovati di fronte i volontari pronti a giocare una partita di rugby per i detenuti della casa circondariale di Rebibbia è stata una sorpresa inaspettata. Hanno avuto così la possibilità di placcare, correre e sudare, giocando una partita vera e propria. L’obiettivo? Quello di creare la prima squadra di rugby in carcere della capitale.
LA NASCITA – «Abbiamo deciso di puntare su Roma dopo il blocco delle attività dei Bisonti Rugby, la squadra composta da detenuti del carcere di massima sicurezza di Frosinone – racconta Germana De Angelis, responsabile del progetto e presidente dell’associazione Gruppo Idee – Dopo il tentativo di fuga dell’anno scorso, infatti, nonostante i "rugbysti" fossero completamente estranei, sono state fermate tutte le attività. Da qui l’idea di ricominciare da Rebibbia», continua.
LE REAZIONI – La direzione ha accolto con entusiasmo l’idea di una squadra di rugby composta da detenuti. «L’anno scorso c’era stata già una prima esperienza, era andata bene e così ci hanno chiesto di ripartire», continua De Angelis. Lo scorso 10 febbraio si è tenuto così il primo incontro all’interno della casa circondariale di Rebibbia. Il progetto, dal titolo 'Ovale oltre le sbarre', rientra nell’attività del Progetto Carceri della Federazione Italiana rugby seguito dal consigliere federale Stefano Cantoni e che interessa da anni già altri cinque istituti penitenziari(Torino e Bologna, vedi video, i più attivi) con altri in attesa.
IL GRUPPO – I detenuti coinvolti sono già 25, di molte nazionalità e quasi tutti "digiuni" di palla ovale. Qualcuno si sta aggiungendo con il passare dei giorni. L’adesione è entusiasta, i ragazzi sono contentissimi. Il coach, Stefano Scarsella, ha iniziato gli allenamenti solo due mesi fa, un giorno a settimana per due ore. Il motto è 'aiutare gli altri per aiutare se stessi'. «È un bel gruppo, ci si impegna e c’è un ottimo rapporto con l’allenatore. Lo adorano – sorride De Angelis – Dopo il primo incontro di sabato scorso sono gasatissimi, non vedono l’ora di fare il prossimo». A differenza di Frosinone il problema vero è il campo d’allenamento, un misto di terra e brecciolino che però risulta troppo piccolo e non è adeguato per il rugby a 15. «Stiamo lavorando con la direzione per capire se c’è la possibilità di usufruire di uno spazio più grande», conclude la responsabile.
LA VOGLIA DI RISCATTO – Per il momento il nome rimane lo stesso, Bisonti Rugby. «Per noi è come un marchio – sorride Emanuele Bertea, volontario – Indica un progetto vincente nato all’interno del carcere». Anche la Federazione ha fatto sentire il suo appoggio. Qualche giorno fa è arrivato ad allenarsi con i detenuti anche un consigliere federale. Prossimo passo? Partecipare al campionato di C2 (l'ultima serie nel rugby). Essendo comunque una condizione detentiva di media sicurezza e non massima come quella di Frosinone, l’obiettivo è magari quello di fare anche partite esterne, organizzare trasferte. Sempre secondo i valori del rugby: l’incontro, il lavoro di gruppo, il sostegno reciproco. «Da parte nostra ce la stiamo mettendo tutta. La voglia di riscatto è immensa».