Il cartellone lirico 2017/18 dell’Opera di Roma propone, dopo i recenti Fra Diavolo e La damnation de Faust inaugurale, un’altra opera di rara esecuzione: I masnadieri di Giuseppe Verdi, su libretto di Andrea Maffei da Die Räuber di Friedrich Schiller, rappresentata per la prima volta nel 1847 a Londra, quasi alla conclusione del periodo che lo stesso compositore definì dei suoi “anni di galera”. Al Costanzi prima di oggi c’era stata un’unica messa in scena, nel 1972, diretta da Gianandrea Gavazzeni con la regia di Mario Missiroli. Domenica 21 gennaio (ore 20) l’opera torna in un nuovo allestimento con la direzione di Roberto Abbado e firmato da Massimo Popolizio, alla sua prima regia lirica. Nella trama gotica e torbida dell’opera, fatta di losche manovre di potere e di passioni, si narra la vicenda della casata dei Moor: Massimiliano Conte di Moor è indotto dal subdolo figlio minore, Francesco, a diseredare il primogenito Carlo, giovane dai nobili sentimenti ma condotto a una vita sregolata dal temperamento esuberante. Cacciato dalla casa paterna Carlo si mette a capo di una banda di rivoluzionari che spargono il terrore nei boschi della Boemia, i masnadieri. Il sanguinoso scontro che nasce tra i due fratelli è reso ancora più aspro perché entrambi desiderano la stessa donna, Amalia. Il sovrintendente Carlo Fuortes, salutando gli artisti, ha ricordato la presenza “ormai annuale” in teatro del maestro Roberto Abbado e anche la novità costituita dal debutto nell’opera lirica del regista Massimo Popolizio. Si è anche congratulato, per la presenza, come unica interprete femminile dell’opera, di Roberta Mantegna, diplomatasi alla prima edizione di “Fabbrica”, l’innovativo programma di formazione del Teatro dell’Opera di Roma, «è motivo di orgoglio per il Teatro – ha sottolineato – il fatto che la Mantegna poco dopo aver concluso questo periodo di studio, possa sostenere un ruolo principale in quest’opera verdiana». Il maestro Abbado ha spiegato: «Quest’opera nasce dall’incontro di tre figure cardine della cultura dell’epoca Schiller, autore del dramma, Maffei, suo traduttore in italiano, e naturalmente Verdi. Il lavoro esprime in forma del tutto compiuta la personalità del compositore, che segue l’evolversi del suo percorso artistico, individuando di volta in volta i temi e i processi compositivi del suo teatro musicale. I masnadieri segnano l’ingresso di Verdi nella vita teatrale di una grande capitale europea, Londra. Il suo biglietto da visita era un linguaggio musicale audace e ricco di sfumature sonore, in cui orchestra e coro sono particolarmente in evidenza. Il coro in particolare ha un trattamento nuovo, ad esso non sono destinati pezzi chiusi ma con i suoi interventi partecipa allo sviluppo della vicenda. Se a questo si aggiunge una tinta drammatica scura e un’atmosfera romantica venata di introspezione, è facile rendersi conto come il Verdi degli “anni di galera” non fosse un apprendista in cerca della sua strada bensì un autore impegnato a compiere una profonda rivoluzione nel mondo operistico del primo Ottocento».
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“I Masnadieri” al Teatro dell’Opera