(Fonte: www.repubblica.it)
(di Lorenzo D'Albergo e Giovanna Vitale) – C'è chi è finito nel listone dei 70 dirigenti capitolini indagati per una buca lasciata scoperta, chi per la mancata manutenzione del verde. E poi chi, tra i manager del Campidoglio, è entrato nel mirino della procura per ipotesi di reato ben più gravi: abuso d'ufficio, falso, turbativa d'asta. L'ultimo monitoraggio dell'amministrazione Raggi sui suoi superburocrati (il 36,8% è sotto inchiesta) non ha risparmiato proprio nessuno. Neanche la titolare dell'Anticorruzione capitolina Cristiana Palazzesi.
La sindaca le ha chiesto di occuparsi del contrasto e della prevenzione al malaffare soltanto lo scorso 9 giugno. Ora, a neanche due mesi di distanza, si prepara a rimuoverla. Già, perché la dirigente chiamata a vigilare su mazzette e appalti sospetti è a sua volta indagata: da agosto 2013 a novembre 2014 ha fatto parte del cda di Atac e, assieme ad altri 16 funzionari, rischia il rinvio a giudizio per il pluriennale affidamento senza gara ai sindacati della mensa aziendale. Le accuse? Abuso d'ufficio, violazione del codice degli appalti e erogazione di contributi di finanza pubblica in favore di associazioni non riconosciute.
Palazzesi ha comunicato la propria posizione al dipartimento Risorse umane il 5 luglio. Poi, 24 ore dopo, ha firmato l'ultimo report sul whistleblowing, il sistema che permette ai dipendenti comunali di segnalare in totale anonimato presunti illeciti commessi da superiori e pari grado: 8 le denunce da inizio anno, mentre nell'ultimo semestre del 2016 erano state 17. Adesso la responsabile dell'Anticorruzione nominata dalla Raggi, all'oscuro dell'indagine al momento di firmare l'ordinanza, è in attesa. Da una parte rischia un procedimento disciplinare. Dall'altra, a livello politico, il M5S dovrà stabilire il da farsi: "Non c'è dubbio – dicono in Campidoglio – che ora in quella posizione stoni". Il trasferimento è perciò dietro l'angolo.
Nel frattempo, però, i superburocrati di palazzo Senatorio sono sul piede di guerra: dopo la diffusione delle notizie sul numero degli indagati, accusano la sindaca di aver diramato dati poco corretti, "che contribuiscono a screditare gratuitamente la classe dirigente di Roma Capitale, la quale potrà avere pure mille difetti, ma non quello di essere, nel suo insieme ed in modo generalizzato, una congrega di delinquenti", scrive la presidente della Dircom Silvana Sari nella lettera inviata a tutti gli associati. "Premesso che nei più importanti processi attualmente pendenti, di corruzione e concussione, nessun dirigente comunale di ruolo è coinvolto", precisa Sari, "si rammenta che coloro i quali sono sotto processo per vicende legate alla cosiddetta Mafia Capitale sono esclusivamente funzionari e dipendenti: personale, cioè, privo della qualifica dirigenziale, ovvero dirigenti esterni, cioè scelti fiduciariamente dalla politica".
Da qui la stoccata: "Certamente alcuni dirigenti sono stati raggiunti da avvisi di garanzia (come, del resto, la stessa sindaca Raggi), ma va sottolineato che talune indagini riguardano vicende private e non connesse alle funzioni pubbliche svolte, altre indagini riguardano situazioni lavorative non connesse alla corruzione (alberi caduti, buche, etc.), mentre altri fascicoli sono stati aperti su segnalazione di soggetti che evidentemente utilizzano il mezzo della denuncia penale allo scopo di intimidire dirigenti inflessibili e non disposti a fare concessioni illegittime di favori". Al vetriolo l'affondo finale: "Non bisogna dimenticare i casi in cui dirigenti comunali sono a processo per reati gravissimi (tipico è quello dell'ex direttore Risorse umane, Raffaele Marra, già stretto collaboratore sia del sindaco Alemanno sia della sindaca in carica) e per i quali si auspica – proprio a garanzia della parte sana della categoria, la più numerosa – che la giustizia faccia presto il suo corso".