(Fonte: www.repubblica.it)
(di Giovanna Vitale) – Quel che temeva il M5S – Virginia Raggi a processo in piena campagna elettorale per le politiche – sta per avverarsi. L'incubo peggiore, per Luigi Di Maio e compagni: propugnarsi paladini dell'onestà e del cambiamento proprio mentre la sindaca-simbolo del Movimento è alla sbarra per falso, come un'impresentabile qualsiasi. Immagine che rischia di compromettere la cavalcata verso Palazzo Chigi, già azzoppata dalla sconfitta in Sicilia.
Ma il calendario giudiziario, al contrario dell'etica pret-a-porter dei grillini, non può essere stiracchiato a seconda delle convenienze politiche. E perciò, con l'udienza preliminare che il 9 gennaio dovrà decidere se accogliere la richiesta della Procura, Raggi rischia di salire sul banco degli imputati tra fine febbraio e inizio marzo. Grosso modo alla vigilia del voto, se – come sembra – le Camere verranno sciolte subito dopo le feste di Natale.
Di certo c'è che il 9 gennaio, in tribunale, la sindaca incontrerà per la prima volta dopo l'arresto il suo ex braccio destro Raffaele Marra, accusato nello stesso procedimento per abuso d'ufficio e già a giudizio per corruzione insieme al costruttore Sergio Scarpellini per una tangente da oltre 360mila euro. Secondo il Pm Dall'Olio, l'inquilina del Campidoglio avrebbe mentito alla responsabile Anticorruzione del Comune, che si apprestava a rispondere ai rilievi mossi dall'Anac in relazione alla promozione di Renato Marra al vertice del Dipartimento Turismo. Uno scatto di carriera e di stipendio che per l'authority prima e gli inquirenti poi sarebbe stata decisa dal fratello Raffaele, allora capo del Personale capitolino. In violazione del regolamento che vieta ai dirigenti di partecipare alle nomine dei parenti.
Nelle controdeduzioni Raggi aveva rivendicato la sua "autonoma ed esclusiva responsabilità di nomina, in base ai criteri di merito, professionalità ed esperienza acquisita". E aveva specificato: "Sono a conoscenza del rapporto di parentela tra il dottor Raffaele Marra e il dottor Renato Marra, sin dal giorno del mio insediamento quale sindaca di Roma Capitale. Posso però affermare che il ruolo del direttore del Personale Raffaele Marra è stato di mera pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte, senza alcuna partecipazione alle fasi istruttorie, di valutazione e decisionali. Il dottor Marra si è limitato a compiti di mero carattere compilativi".
Tutte bugie, secondo la procura. Non solo perché la procedura di interpello avviata per assegnare la guida del Turismo era stata bandita proprio mentre la sindaca si trovava in missione in Polonia, ma perché decine di chat rinvenute sul telefonino di Marra raccontavano il contrario. Raggi avrebbe perciò mentito – è la tesi dell'accusa Raggi – per dimostrare la propria indipendenza rispetto al suo fedelissimo: "il sindaco ombra", lo chiamavano non a caso in Campidoglio.
Un'insidia non da poco anche per la candidata grillina alla Regione Lazio Roberta Lombardi, che proprio sull'indagine per falsa testimonianza a carico di Zingaretti ha cominciato a impostare la sua campagna elettorale. Che oltretutto pone il M5S di fronte a un nuovo bivio: dopo aver cambiato il proprio codice etico – che inizialmente prevedeva la sospensione degli indagati (vedi Pizzarotti) – alzando l'asticella delle espulsioni prima al rinvio a giudizio e poi alla sentenza di primo grado, cosa succederà se Raggi dovesse essere condannata? Dovrà dimettersi, come ha già chiesto qualcuno, o il regolamento subirà un'altra modifica ad personam? Il rischio che salti tutto, compresa l'amministrazione romana, è molto alto.