(Fonte: la Repubblica, di Carlo Picozza) – Chiudono per ferie reparti e servizi negli ospedali e nelle Asl. O vengono accorpati. La rete dell’ictus continua a essere malata grave: sono azzoppati tre dei quattro centri per il trattamento degli infarti cerebrali ischemici (l’80%; il resto è rappresentato da quelli emorragici). Mancano personale e materiali. E crescono i pericoli di morte e di invalidità delle funzioni cognitive e motorie. C’è posto pure per qualche stramberia estiva nell’assistenza pubblica: il ricorso ( con risultati nulli) a medici in affitto per le guardie notturne in Pronto soccorso o lo spostamento ( con relativa chiusura di accettazioni e ricoveri) di reparti inaugurati qualche mese fa, sotto elezioni. È la nuova sanità regionale, sempre commissariata, ma con assessorato in servizio effettivo.
Qualche ora fa la direzione sanitaria del San Camillo ha disposto la chiusura temporanea della Chirurgia toracica. Motivo: il suo trasferimento dal piano terra del padiglione “Baccelli”, al secondo piano. Ma proprio al piano terra alla fine di febbraio, il reparto era stato inaugurato, in pompa magna. Ora finirà al posto della Chirurgia pediatrica, di fatto scomparsa, perché manca il personale. Nei giorni scorsi, complici le ferie, sempre la direzione sanitaria aveva fatto chiudere uno dei due reparti di Pneumologia e cancellato di fatto le degenze dell’Endoscopia toracica.
Così, nell’ospedale di Monteverde le malattie respiratorie sono in affanno. Come i medici del Pronto soccorso costretti a turni massacranti e a mansioni spurie, come l’assistenza a una quarantina di degenti che, non trovando posto nel reparto giusto ( dopo il sacrificio sull’altare del rientro dal deficit, di 600 letti voluto dall’ex dg, Luigi Macchitella), stazionano lì, nella front line ospedaliera. La stessa dove le morti sono quasi sei volte di più di quelle del 2000 (erano 64; sono state 400 nel 2017) mentre si è quasi dimezzato il numero degli accessi quotidiani ( da 300 a 160). E la direzione che fa? Con una “ lettera aperta” ai 3.800 dipendenti ( refrain: “ Io non ci sto”), cerca i colpevoli tra i sanitari che parlano con i giornalisti, invece di riorganizzare l’ospedale, visto l’allarme di quei dati.
Accade nell’azienda ospedaliera più grande d’Europa. Che resta però il monumento ai “caduti” della rete dell’ictus, avendo l’unico centro di trattamento in funzione ( chiuso quello del Gemelli per un guasto all’angiografo; attivi solo di giorno, weekend esclusi, quelli dei Policlinici Umberto I e Tor Vergata). Ma anche al San Camillo, soprattutto in Pronto soccorso, cominciano a scarseggiare stent, guide e cateteri.
All’Umberto l, che del Vecchio Continente è l’ospedale universitario più grande, la musica è la stessa. Con qualche variante “creativa”, come il ricorso (vano) a medici in affitto per coprire (“fino al 31 agosto”) 48 turni di guardia notturna in Pronto soccorso. Anche qui, e negli altri ospedali, servizi e reparti accorpati, se non chiusi del tutto, dai day hospital ai day surgery, alle Chirurgie, con rinvio a settembre ( per i meno sfortunati) degli interventi programmati.