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Cronaca

Roma, Tor Bella Monaca, nella notte cancellati i murales della criminalità

(Fonte: www.repubblica.it)

(di Rory Cappelli) – “Ve dovete levà!” urla una donna. È bionda, ha i capelli corti, una maglietta slabbrata, pantaloni larghi, sandali sfondati. Sta in mezzo alla strada, quasi a sfidare la macchina a metterla sotto. Continua a inveire, “Annatevene, avete capito, annatevene!” anche quando la macchina è passata, agitando il pugno. Sono le tre di notte, Tor Bella Monaca fa solo finta di dormire: è ancora invasa di polizia, vigili urbani, carabinieri. Tutti qui da ore per cancellare quei murales diventati il simbolo dello strapotere della malavita, dello Stato che non c’è, delle famiglie che comandano con la forza della violenza e la potenza della droga.

La sindaca l’aveva promesso, all’inizio di maggio: “Cancelleremo quei murales. Riporteremo la legalità a Tor Bella Monaca”. E stanotte è qui, con i 120 agenti della polizia di Roma Capitale, guidati da Antonio Di Maggio, e i 60 tra agenti della polizia di Stato e carabinieri, che alla fine ringrazierà, quasi uno per uno.

Può sembrare un’esagerazione. Troppo. Eppure lo ha spiegato bene il procuratore aggiunto Michele Prestipino davanti alla commissione d’inchiesta sulla sicurezza delle periferie, parlando proprio del murales dedicato a Serafino Cordaro: “Il murales non mi preoccupa particolarmente in sé e per sé, ma mi preoccupa per quello che rappresenta, ovvero una dimostrazione del profilo identitario di questo gruppo. Il fatto che questo murales sia ancora lì – dentro la capitale d’Italia – e nessuno si sia sentito in dovere di rimuoverlo rappresenta per questo gruppo motivo di grandissimo prestigio criminale, un prestigio che viene speso sul piano dei rapporti generali”. In un quartiere come Tor Bella Monaca anche i muri parlano. Sono il simbolo di un potere mafioso che depreda e impoverisce il territorio, sfrutta le fragilità e blocca lo sviluppo di energie positive".

Le prime pennellate beige come il resto del palazzo R9 dell’Ater di viale Paolo Ferdinando Quaglia andranno a coprire il volto di Serafino Cordaro, “il nostro angelo” come recitava la scritta che accompagnava il ritratto, ucciso nel suo bar  di via Acquaroni il 2 febbraio 2013 su ordine di Stefano Crescenzi, che mirava a impadronirsi di una fetta del mercato della droga.

I Cordaro erano i padroni incontrastati di Tor Bella Monaca e del suo traffico di droga, organizzato in maniera quasi militare con vedette a ogni angolo e porte rinforzate con feritoie modello Scampia. Quando Serafino viene ucciso quel murales presidiato giorno e notte diventa un simbolo e dice a tutti chi comanda: non i Crescenzi né nessun altro: ma sempre loro, i Cordaro. A Tor Bella Monaca volano le pallottole, non si contano i feriti, arriva anche un altro morto. La polizia organizza tre blitz con 500 poliziotti, alla fine sequestra alla famiglia 3 milioni di euro e arresta 37 persone. La sentenza di primo grado, del 2017, ne condanna 20.
Ma intanto il murales resta lì.

Insieme a un altro, che arriva all’attenzione della sindaca e dell’amministrazione grazie a una lettera. È stato dipinto in via Amico Aspertini lungo una trentina di metri di parete grigia, visibilissimo anche da lontano e dalle strade sottostanti: ritrae Antonio Moccia, morto in un incidente stradale il 24 settembre 2012. Antonio era il figlio ventenne del boss di Afragola Vincenzo Moccia e nipote di Giuseppe Moccia, trasferiti a Tor Bella e qui anche loro imprenditori della droga. La famiglia per lui – un Casamonica ante litteram – voleva funerali solenni, con il trasporto della salma in una carrozza trainata da quattro cavalli dal Policlinico di Tor Vergata alla chiesa Santa Maria Redentrice di Tor Bella Monaca. Che l’allora questore Fulvio Della Rocca rifiutò.

Mica per altro: parenti e amici, saputo della morte del ragazzo, si erano recati in massa al pronto soccorso del policlinico prendendo a pugni e calci le porte, aggredendo medici e infermieri e creando un caos che aveva richiesto l’intervento della polizia. Se tanto mi da tanto, si era detto il questore: e così, questo funerale con carrozza non s’ha da fare, aveva decretato. Per motivi di sicurezza. E non si era fatto. Ma il murale sì. E stava lì, ormai da sei anni.

Alle tre è tutto finito. La sindaca ringrazia. Stringe le mani. “Questa sera ce l’abbiamo fatta, abbiamo cancellato entrambi i murales l’impegno delle forze dell’ordine, oltre 120 uomini e donne della polizia locale, 60 tra carabinieri e polizia di Stato” dice. “Il territorio va presidiato, torneremo anche nei prossimi giorni, lo Stato deve riaffermare la sua presenza nelle zone nelle quale è stato assente per troppo tempo.

Questi murales stavano qui da anni e nessuno aveva avuto il coraggio di toglierli”. Si allontana, ma poi ci ripensa: “La cosa più impressionante” conclude “è stato vedere come questi due quartieri, queste due zone fossero completamente vuote, nessuno circolava, finestre abbassate, serrande abbassate, sembrava il coprifuoco. Non c’era nessuno”.