(Fonte: www.repubblica.it)
(di Giovanna Vitale) – È colpa del Pd se Roma è in emergenza. In particolare della Regione guidata da Nicola Zingaretti. La tesi, per la verità non nuovissima, affacciata ieri mattina su Fb dall'assessora Pinuccia Montanari, è basata su un argomento a suo dire inoppugnabile: "Tutti sanno che dal 2013, anno di chiusura della discarica di Malagrotta con il Pd che si dimenticò di pianificare una alternativa, il piano regionale del Lazio non è stato ancora aggiornato" , premette la titolare dell'Ambiente. "La Regione non riesce a trovare una alternativa per accogliere le tonnellate di indifferenziato. "Al momento Roma prova a conferire i rifiuti nelle poche strutture della Regione che però sono insufficienti. Si tratta di un sistema fragile che stiamo rendendo forte e stabile con la richiesta di autorizzazioni per costruire impianti di compostaggio e di riciclo".
La reazione è fulminea: " Tutte bugie", replica a stretto giro l'assessore laziale Mauro Buschini, confutando punto per punto la versione Montanari: "La legge impone ai Comuni e alle Province di scegliere i siti di smaltimento e alla Regione di includerli in un piano regionale. Se i Comuni e le Province non scelgono, la Regione non può pianificare ". Uno scontro che – se non ci fossero i documenti ufficiali – si sarebbe ben potuto derubricare come solita schermaglia Pd-M5S. Ma i documenti ufficiali ci sono e raccontano una storia diversa. Ovvero: se non è stato possibile chiudere il nuovo piano regionale rifiuti entro la scadenza (il 31 dicembre) di quello varato nel 2012, è responsabilità esclusiva di Virginia Raggi e dei ritardi accumulati nella sua doppia veste di sindaca: di Roma e della Città Metropolitana.
Da più di un anno e mezzo la grillina non fornisce le risposte necessarie alla Regione per autorizzare gli impianti di gestione dei rifiuti, che devono essere i singoli centri urbani a individuare. Vediamo.
Tutto comincia il 12 gennaio 2016. I Palazzi Senatorio e Valentini sono commissariati. La Direzione regionale dei rifiuti, con nota 11204, chiede i dati a tutte le province del Lazio per " l'aggiornamento dello scenario di controllo " . Tre mesi dopo, il 22 aprile, la giunta Zingaretti approva la determinazione del fabbisogno e la invia ai comuni, sollecitandoli ad indicare " le aree idonee alla localizzazione degli impianti " in ciascun territorio, allo scopo di "fornire una mappatura " complessiva, che torni utile per la futura ubicazione dei vari siti. Dopodiché, l'11 maggio, con nota prot. 247816, si chiede alle province di stabilire "i criteri di localizzazione entro 120 giorni". Termine che la Città Metropolitana è costretta a prorogare di un mese.
Siamo al 30 settembre 2016: in quel momento Raggi siede in Campidoglio ma, nonostante i gravi problemi subito emersi, resta ferma. Immobile. Per sette lunghi mesi. Finché, finalmente, il 21 aprile 2017, la Città Metropolitana trasmette ai comuni della provincia i famosi " criteri di localizzazione " , dando60 giorni di tempo per presentare osservazioni. Poi prorogate al 30 settembre. Dopodiché, più nulla. E lo scorso 18 dicembre la Città Metropolitana è costretta ad ammettere le sue mancanze. E a comunicare, con nota prot. 0177863, di non aver ancora concluso le valutazioni sulle osservazioni pervenute dai comuni e che le trasmetterà non appena definite. Ma senza, il piano regionale non si può fare. Con buona pace dell'assessora Montanari.