(Fonte: www.repubblica.it)
(di Giovanna Vitale) – "Mai nella vita". È stanco dei sospetti, il ministro Calenda. Stufo delle illazioni secondo cui il suo iper attivismo per il rilancio della capitale celerebbe in realtà una recondita aspirazione a scalare il Campidoglio. "Lo dico anche contro chi ipotizza che ogni volta che faccio qualcosa ci sia un oscuro piano elettorale", ha tagliato corto il titolare dello Sviluppo economico ai microfoni di Radio Anch'io. Il Ribadendo che il Tavolo per Roma, "me lo hanno chiesto i sindacati" e tornando a sottolineare quanto sia "inaccettabile la fuga dalle responsabilità" che esiste in Italia, come nel caso della sindaca Virginia Raggi che chiede: "il Governo ci dia una mano e poi non si presenta al tavolo". È ora di dire "basta", conclude Calenda, a questo tipo di atteggiamento.
Una linea chiara, emersa più volte negli ultimi mesi, ma resa esplicita ieri alla Camera nel corso del question time sulle misure adottate per Roma. Che era la locomotiva d'Italia e in poco meno di un decennio si è trasformata nella sua zavorra: una metropoli invivibile, stritolata da traffico, bus e metro che funzionano poco e male, burocrazia nemica di imprese e cittadini. Per risollevare la quale sono stati stanziati 1,3 miliardi – prevalentemente fondi statali, regionali ed europei – per realizzare "trenta interventi, di cui 19 più importanti o di particolare interesse strategico", azionati da una task force anti-declino con l'obbiettivo di fermare la fuga di capitali e investimenti.
"Abbiamo realizzato un'indagine sulle prime 100 aziende romane per fatturato e dipendenti", ha esordito Calenda a Montecitorio. "Tutte testimoniano difficoltà a causa dei trasporti urbani, dei rapporti con gli uffici comunali, della sicurezza e del mancato decoro, ma molte hanno piani di crescita economica e occupazionale che meritano attenzione. Per validare le soluzioni individuate, il 23 novembre le abbiamo incontrate e costituito una task force tra Comune, Regione e ministero per semplificare l'interazione imprese-pubblica amministrazione ed evitare ulteriori fughe". Una mossa obbligata, alla luce del buco nero che ha inghiottito l'Urbe negli ultimi anni. Aggravato dall'inerzia dell'amministrazione Raggi, impegnata da un anno e mezzo più a far polemiche con il governo nazionale, che a lavorare su progetti concreti.
Una latitanza denunciata a più riprese dallo stesso ministro, che per far sedere al Tavolo la sindaca grillina ha prima dovuto minacciare di annullare tutto e da ultimo ne ha sottolineato l'indolenza, definendola "una turista per caso". Eppure "dal 2008 al 2016 il Pil pro-capite della capitale è calato del 15%, il valore aggiunto è precipitato, l'occupazione giovanile è scesa del 9%", ha spiegato il responsabile dello Sviluppo alla Camera. "Per avviare l'inversione di questa tendenza su richiesta dei sindacati il 17 ottobre il Mise ha dato il via a un Tavolo interistituzionale con il governatore Zingaretti, la sindaca Raggi e i rappresentanti delle parti sociali. In tale sede sono state formulate proposte a supporto del rilancio della città. Dopo questo primo incontro abbiamo dato il via a gruppi tecnici di lavoro, coinvolgendo anche i ministeri della Salute, dei Trasporti e dell'Interno, il Coni, Cdp e la società civile. Il 23 novembre si è svolta un'altra riunione in cui sono stati delineati 30 interventi, di cui 19 preminenti". E tutti strategici.
"Oltre al rinnovo della flotta di Atac, alla riqualificazione energetica delle scuole e alle pattuglie contro l'abusivismo, abbiamo previsto strumenti a supporto delle imprese, per agevolare concessioni di credito aggiuntivo fino a 100 milioni; l'avvio di hub internazionale per la ricerca biomedica, lo sport, l'industria creativa e l'aerospazio; il rilancio del turismo congressuale; progetti per sbloccare i grandi cantieri dell'ex caserma Guido Reni e l'ex Dogana a San Lorenzo. E progetti per 138 milioni di euro per il social housing", ha concluso il ministro. Nella speranza che, come promesso il giorno dell'inaugurazione, il Tavolo per Roma sopravviva: a lui e alla fine della legislatura